Da ragazza, tre mesi prima di diplomarmi infermiera chiamai l’ufficio infermieristico del Paolo Pini, per informarmi per un futuro lavoro lì. Avevo da poco partecipato come pubblico alla rassegna del cineforum organizzata in quegli spazi, (Da vicino nessuno è normale) che dava senso concreto alla dignità della fragilità umana attraverso il dialogo e il confronto “culturale” . I casi della vita, le somme, le sottrazioni, tutte le strade messe a fuoco con fatica e le altre, quelle comode e sbagliate, mi hanno portata a vivere fra arte e psichiatria.
Una sera Eugenio Borgna mi sorrise,
avevo letto emozionata
alcuni passi del suo libro “Parlarsi”
alla presentazione organizzata da
Il ruolo Terapeutico, a Milano.
«Non si è capaci di colloquio, di dialogo se non si sa guardare dentro di sé, scendere negli abissi della nostra interiorità, e intravedere gli orizzonti di senso che si animano negli occhi, nel sorriso e nelle lacrime delle persone, con cui ci incontriamo.
Noi entriamo in comunicazione, e cioè in relazione con gli altri, in modo tanto più intenso e terapeutico quanta più passione è in noi, quante più emozioni siamo in grado di provare, e di vivere. Se vogliamo creare una comunicazione autentica con una persona, se vogliamo davvero ascoltarla, non possiamo non farci accompagnare dalle nostre emozioni».
“Non c’è comunicazione autentica con la sofferenza psichica se non quando si evitano parole indistinte e banali, ambigue e indifferenti, glaciali e astratte, crudeli e anonime. […] Costa fatica, costa tempo, questa educazione alla partecipazione ai pensieri e alle emozioni degli altri; ma è dovere, dovere inalienabile, farlo anche nella vita di ogni giorno; e quanta infelicità, quanta sofferenza, si eviterebbe, e come sarebbero aperte alla speranza le relazioni fra le persone.”
“La psichiatria quando si confronta con le grandi emozioni della vita, ha bisogno della poesia”.
Addio maestro gentile!
Eugenio Borgna 1930 – 2024
Disegnoritratto di Giovanna Valsecchi del 20/04/2016, quella sera.